martedì 17 settembre 2024

Draghi... il futuro per l’Europa... L'EUROPARLAMENTO!

Ciao , come stai? Mario Draghi ha presentato il suo rapporto “Il futuro della competitività europea”. E’ un documento che dice sostanzialmente: c’è bisogno di un piano per il futuro dell’Unione europea, perché serve che l’Europa decida di fare alcune cose, e le faccia insieme. Draghi offre un programma di azione, una bussola per orientarsi in un mondo profondamente cambiato: se vogliamo preservare i livelli di benessere delle nostre società, abbiamo bisogno di più investimenti comuni e di innovare. Il rapporto presenta 170 politiche in modo dettagliato, volte a favorire più coordinamento delle politiche; velocizzare i processi decisionali; ridurre la regolamentazione eccessiva; dotare l’UE di una vera politica economica internazionale. Ma come sempre quando si tratta di decisioni politiche, per convincere i cittadini ad agire, non è tanto importante cosa si fa, ma perché lo si fa. Con motivazioni sono solide, infatti, una società democratica può cambiare il corso della propria storia. La posta in gioco è altissima. Draghi lo ha detto con asciuttezza: o si decide di agire oppure l’Europa si trova a affrontare una lenta agonia. Il nostro benessere si è basato in questi anni sull’energia a basso costo dalla Russia, sull’apertura del mercato cinese e sul fatto che la spesa per la difesa era coperta dagli Stati Uniti. Ora queste precondizioni non ci sono più. Nel 2050, l’Unione europea perderà due milioni di lavoratori all’anno a causa dell’inverno demografico; il 40% delle imprese innovative europee si è trasferito oltreoceano perché lì c’è un ambiente più favorevole a quel tipo di investimenti; la Cina e gli Stati Uniti stanno finanziando massicciamente la loro industria per affrontare la transizione ambientale. In Europa invece abbiamo mantenuto una logica nazionale e questo ha un costo alto. Come ha scritto Roberto Castaldi, mantenere la sovranità nazionale sull’energia significa continuare a pagare l’energia il doppio o il triplo di USA e Stati Uniti. Decidere nazionalmente il livello delle tasse e della politica fiscale significa non avere soldi per gli investimenti europei che servono per la competitività e per la transizione digitale e ecologica. Se continueremo a programmare la difesa a livello nazionale, spenderemo male, duplicando i sistemi di arma e mancando dia fare grandi investimenti, necessariamente europei. Se da un lato ci sono i partiti nazioanlisti che danni dicono che l'Unione europea è dannosa o inutile, dall'altro troppo spesso i partiti europeisti hanno fatto dell’idea di una maggiore integrazione un atto di fede, piuttosto che una scelta che conviene più della dimensione nazionale. Le ricette di Draghi si possono e si debbono discutere per trovare un punto di equilibrio tra intervento della politica e libertà di chi intraprende (ad esempio penso che l’assenza di regolamentazione nel settore del tech americana abbia favorito l’innovazione, ma anche che non sia in grado di opporsi allo strapotere delle grandi imprese tecnologiche). Ma soprattutto si deve discutere pubblicamente se i cittadini, le organizzazioni sociali, la politica condividono l’idea che sia nell’interesse collettivo fare di più come Europa, e meno come Italia. Il rischio principale che corre il rapporto Draghi infatti è quello di aver raccolto tante lodi, e di finire rapidamente in un cassetto. Perché c’è chi non vuole abbandonare la dimensione nazionale; e perché alcune delle ricette proposte da Draghi sono scomode. La diagnosi che fa l’ex primo ministro italiano però è così dettagliata, ricca di fatti e dati che non può essere elusa. Siccome si tratta del nostro futuro sarebbe imperdonabile girarci indietro tra vent’anni, vedere le occasioni perdute in questi anni e pensare “Eh ma Draghi ce l’avevo detto”.

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